Scopriamo, in questo articolo della Dott.ssa Claudia Monti, in quale modo l’Osteopatia può essere un valido aiuto per chi soffre di endometriosi.
Indice
Cos’è l’endometriosi?
L’endometriosi consiste nella presenza anomala di tessuto simil endometriale (cioè il tipo di mucosa che normalmente si trova all’interno della cavità uterina) nel contesto della parete dell’utero (in questo caso si parla di adenomiosi) oppure al di fuori di esso.
Si trova tipicamente sulle ovaie, ma per esempio anche:
- sui legamenti che collegano l’utero all’osso sacro
- sul tessuto presente tra utero e vescica o tra utero e retto
- in localizzazioni peritoneali profonde
- in cavità toracica
Quale sintomo caratterizza l’endometriosi?
Queste localizzazioni fanno intuire come le manifestazioni dell’endometriosi riguardino soprattutto il dolore:
- durante le mestruazioni (dismenorrea)
- durante o dopo i rapporti sessuali (dispareunia)
- svuotando intestino o vescica
- dolori lombari cronici o sciatalgia presente durante la fase mestruale.
Il dolore può essere cronico e ricorrente, ma generalmente i sintomi si aggravano durante il periodo mestruale.
Questo perché il comportamento di questi tessuti ricalca quello che avviene mensilmente a livello uterino: seguendo il ciclo ormonale l’endometrio, ovunque si trovi, prima si ispessisce, poi si sfalda e sanguina.
Il sangue e il tessuto sfaldato non possono però fuoriuscire attraverso la vagina.
Rimanendo intrappolati, assumono la forma di lesioni pelviche estrogeno-dipendenti dotate di una propria vascolarizzazione ed innervazione, che causano infiammazione cronica, con dolore e formazione di tessuto cicatriziale, cisti e adesioni anomale tra organi vicini, chiamate aderenze.
Patogenesi dell’endometriosi e opzioni terapeutiche
Le strategie terapeutiche attuali riconducono il quadro clinico alle lesioni endometriosiche e si orientano quindi verso una rimozione chirurgica dei focolai e ad una somministrazione preventiva di ormoni per rallentare il processo di avanzamento della malattia e contenere la sintomatologia dolorosa.
Nonostante questa pratica diffusa, diversi studi dimostrano che né l’estensione, né l’ubicazione delle lesioni sono sempre correlabili agli indici di gravità e alla localizzazione del dolore pelvico.
Nel 20-28% dei casi i sintomi si ripresentano anche in fase post chirurgica e nonostante l’assenza di nuovi focolai.
Queste evidenze, insieme al riscontro di comorbilità con altri disturbi, come la sindrome del colon irritabile, la sindrome della vescica dolorosa e la vulvodinia, hanno portato i ricercatori ad indagare il ruolo del sistema nervoso nella patogenesi del dolore cronico correlato all’endometriosi.
Sono stati quindi approfonditi aspetti quali:
- l’infiammazione neurogena
- la neuroangiogenesi
- la sensibilizzazione periferica e centrale
- l’allodinia
- l’iperalgesia
- la possibilità di una sensibilizzazione organo-crociata innescata dalla sovrapposizione delle vie nervose di intestino, vescica e apparato genitale.
Ruolo dell’osteopatia nel trattamento multidisciplinare dell’endometriosi
Attualmente in letteratura è possibile trovare diversi riferimenti sul trattamento osteopatico dell’endometriosi e vari studi pilota hanno ottenuto un considerevole miglioramento del benessere fisico delle pazienti affette da endometriosi, nonché un incremento del loro benessere psicologico.
Nonostante gli effetti positivi riportati, il numero di ricerche di settore è ancora troppo esiguo e caratterizzato da un’elevata eterogeneità e notevoli rischi di bias.
Il trattamento manipolativo osteopatico può essere utile nella gestione multidisciplinare del dolore pelvico cronico correlato all’endometriosi perché agisce su diversi fronti.
Innanzitutto ripristina una corretta biomeccanica pelvica, alterata sia dalle aderenze cicatriziali originate dai focolai sia dalle tensioni muscolari e articolari sia dalle restrizioni dei tessuti connettivi di utero, vescica e colon.
In secondo luogo concorre alla normalizzazione del sistema nervoso autonomo e agisce sull’irritazione dei nervi, favorendone la disinfiammazione con l’obiettivo di interrompere l’attivazione del sistema nervoso nel meccanismo di mantenimento del dolore.
Infine migliora lo scorrimento della linfa e del sangue che affluiscono da e agli organi e il drenaggio della cavità peritoneale, aspetto estremamente importante alla luce del fatto che la presenza continua di cellule immunitarie e mediatori quali linfochine e fattori di crescita all’interno dei fluidi peritoneali può giocare un ruolo eziopatogenico sul dolore e sull’insediamento dei focolai.
A chi rivolgersi
L’articolo è a cura della Dott.ssa Claudia Monti, Medico Chirurgo e Osteopata.
Presso CasaMedica riceve anche la Dott.ssa Alessia Maia Lovera, Fisioterapista e Osteopata.
Per informazioni e prenotazioni:
035.5297162 oppure info@casamedica.it