Sindrome di Kawasaki
Pediatria

Bambini, Covid-19 e Kawasaki

Recentemente è stato pubblicato su Lancet, un prestigioso giornale scientifico, un articolo a firma del primario di Pediatria dell’Ospedale Papa Giovanni XXIIII, Lorenzo D’Antiga e del reumatologo pediatra sempre nello stesso ospedale, Lucio Verdoni, che allerta sulla comparsa di una malattia, simile alla malattia di Kawasaki, insorta in primi dieci pazienti (8 su 10 positivi agli anticorpi del coronavirus), poi 20, in età pediatrica, afferiti in questi mesi al loro reparto.

Si tratta di numeri piccoli nella popolazione generale, in particolare nella popolazione Bergamasca che è stata molto colpita dal virus, ma i numeri sono nettamente superiori a quelli usuali, con un incremento di circa 30 volte (lo stesso numero di diagnosi erano state effettuate in 5 anni).

Da qualche settimana dopo le varie segnalazioni è in corso un monitoraggio coordinato dalla Società italiana di Reumatologia con l’obiettivo di raccogliere dati in stretta collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. Ogni anno si registrano in Italia dai 250 ai 400 casi di malattia di Kawasaki e finora il monitoraggio non sembra registrare un’impennata dei casi a livello nazionale.

Si tratta di una patologia che assomiglia alla malattia di Kawasaki, rara sindrome infiammatoria ai vasi sanguigni (vasculite) che colpisce i bambini, caratterizzata da una anomala risposta infiammatoria.

«La nostra ipotesi – spiega Lorenzo D’Antiga – è che da sempre sia la famiglia dei coronavirus a essere responsabile della malattia di Kawasaki, rimasta finora di origine sconosciuta. Tra i coronavirus Sars-CoV2 è il più cattivo, per questo la malattia di Kawasaki si manifesta in modo più severo». Da anni aleggia in letteratura l’ipotesi che la sindrome di Kawasaki sia di origine infettiva. Nel 2014 un gruppo giapponese rintracciò gli anticorpi di un coronavirus in pazienti con quella sindrome ma poi non furono più fatte altre ricerche. Altri ricercatori italiani, come il reumatologo Dott. Ravelli di Genova, non concordano con questa ipotesi, ritenendo che il Sars-CoV2 sia solo uno dei tanti virus che può “accendere” la patologia.

Ma cos’è la malattia di Kawasaki

La malattia di Kawasaki è una malattia ben definita che esiste dal 1967, da quando il dottor Tomisaku Kawasaki la diagnosticò per la prima volta in Giappone. I sintomi sono molto chiari e codificati:
febbre molto elevata per più di cinque giorni, senza altre patologie a causarla,
congiuntivite senza secrezione
ingrandimento dei linfonodi latero cervicali, in media sopra un centimetro e mezzo
rush cutaneo sul corpo senza una connotazione precisa o altra causa,
– gonfiore del dorso delle mani e dei piedi
– mucosite che interessa le labbra.

La malattia ha buon esito con le terapie in atto, ma può lasciare esiti a livello cardiaco, come la dilatazione coronarica, che va attentamente monitorata nel tempo.

Nei casi studiati sono però presenti anche sintomi non tipici della malattia di Kawasaki: una frequenza elevata di sintomi gastrointestinali come diarrea e vomito, assenti nella malattia di Kawasaki e nei pazienti gravi la complicanza presentata è una miocardite, l’infiammazione del muscolo cardiaco. Inoltre in alcuni casi può portare a complicanze serie fino alla tempesta di citochine, una reazione immunitaria incontrollata.

La patologia in ogni caso sulla popolazione generale è rara, esisteva già, ma è possibile che il Sars-CoV2 sia un fattore scatenante in particolari soggetti che probabilmente hanno una predisposizione che andrà studiata.

È importante sapere che tutti i casi italiani si sono conclusi in modo positivo. La cura esiste e prevede la somministrazione di immunoglobuline endovena associata a cortisone ad alta dose nei casi più gravi.

 

Dr.ssa Valentina Tono, pediatra.