Nei manuali di psichiatria non c’è una forma specifica per la “depressione invernale“, ma piuttosto una stagionalità del disturbo: si tratta di una forma di depressione conclamata o di una propria tendenza caratteriale che non necessariamente porta ad un disturbo affettivo vero e proprio, che con il cambio di stagione, soprattutto autunno/inverno, può creare disturbi depressivi tipici.
I SINTOMI sono quelli caratteristici di un quadro affettivo:
– umore deflesso,
– mancanza di iniziativa (apatia)
– ridotta/assenza di desiderio nel fare le cose (ipobulia/abulia)
– ridotto/assente piacere nel fare le cose (ipoedonia/anedonia
– tendenza a trascorrere la maggior parte della giornata in modo passivo, a letto o sul divano (clinofilia)
– disturbi del sonno (dall’ipersonnia all’insonnia)
– disturbi del pattern alimentare (riduzione dell’appetito o tendenza a ricorrere al cibo per alleviare un malessere psichico),
– talvolta utilizzo di alcool o altre sostanze a scopo “curativo”
Molto spesso tale sintomatologia si allevia nelle ore serali al pensiero che “la giornata si sta concludendo”, sentendo un vero e proprio sollievo.
Anche solo in presenza di alcuni di questi sintomi è necessario rivolgersi ad uno specialista per comprendere l’entità del disturbo e per intervenire prima che assuma un’intensità maggiore che può compromettere il funzionamento sociale e lavorativo.
L’intervento terapeutico mira prima di tutto alla costruzione di un rapporto di fiducia tra terapeuta e paziente e di un’alleanza terapeutica che permette di esprimere il proprio malessere e accettare l’aiuto esterno, che può basarsi sull’approccio psicoterapeutico nelle forme più lievi o su quello farmacologico là dove la sintomatologia venga avvertita come invalidante (prevalentemente antidepressivi, talvolta associati a stabilizzanti del tono dell’umore).
La tendenza sempre maggiore è il tentativo di autocura con benzodiazepine (ansiolitici), spesso prescritti dal medico curante come primo approccio terapeutico.
Le benzodiazepine nonsolo non sono efficaci nella cura della depressione, ma portano nel tempo allo sviluppo di tolleranza e dipendenza, per cui sono da utilizzare per il minor tempo possibile come palliativo al sintomo prevalente e sempre in associazione ad una terapia specifica prescritta dallo specialista.
Contributo della dr.ssa Sara Tonini, medico psichiatra del team di CasaMedica