Postura e movimento

Trattare le cicatrici con l’osteopatia

Immaginiamo di attaccare una spilla da balia non solo ai nostri vestiti, ma di fissarla anche in profondità alla biancheria intima, e poi provare a fare diversi movimenti. Probabilmente percepiremo una limitazione, un certo grado di fissità, determinato dal fatto che la spilla vincola piani che dovrebbero essere liberi di scorrere l’uno sull’altro.

Questo esempio, per quanto fantasioso, rende bene l’idea dell’effetto che una cicatrice, soprattutto se determina aderenze profonde, genera sull’organismo.
I vestiti sono le cosiddette “fasce superficiali”, mentre la biancheria intima rappresenta le “fasce profonde”: si tratta di strutture connettivali che collegano le varie parti del corpo in un continuum che accoglie tanto elementi muscoloscheletrici quanto visceri, nervi e vasi.

Una cicatrice può determinare quindi alterazioni locali, influenzando -oltre al movimento- anche la circolazione sanguigna o linfatica, oppure può generare tensioni anche molto distanti e causare alterazioni posturali.
Anche interventi molto frequenti in ambito ostetrico sono rilevanti in tal senso.
A seguito di un parto cesareo si possono formare aderenze tra la parete addominale anteriore, l’utero e -tramite i legamenti sacro-uterini- l’osso sacro, facilitando la comparsa di lombalgia e dolore pelvico.

L’episiotomia, soprattutto quando paramediana, è un’altro caso di cicatrice che è concausa di dolore vulvare, vaginale e perineale, nonché di dispareunia.
L’osteopata agisce sul tessuto cicatriziale attraverso tecniche dolci di rilasciamento fasciale, andando a recuperare parte dell’elasticità di un tessuto che non potrà mai essere uguale a quello di partenza, ma le cui tensioni possono essere corrette, con la riduzione della sintomatologia correlata.

 

Dott.ssa Monti Claudia. Medico Chirurgo e Osteopata presso CasaMedica. Vice-Direttore Didattico e Docente della scuola di osteopatia “TCIO – Take Care Istituto Osteopatico”.